
Basta questo per capire quanto il corallo faccia parte dell’identità algherese. Se oggi la pesca di questo prezioso dono del mare è rigidamente regolata e solo pochi corallari sono autorizzati a svolgerla, per secoli il porto della nostra città ha visto ormeggiate migliaia di barche coralline, quando ancora esisteva la Caixa del Cural, una sorta di fondo pensionistico ante litteram, in cui i corallari versavano alla fine di ogni stagione una certa quantità di corallo in vista della vecchiaia: intere vite sostenute e, talvolta, anche tragicamente spezzate dal cosiddetto oro rosso. Ma dalla Caixa del Cural si è pure attinto per realizzare grandi opere pubbliche, come alcune parti della nostra Cattedrale.
La Riviera del Corallo, di cui Alghero è il centro, non poteva che dare impulso anche ad un prestigioso artigianato locale legato alla lavorazione del corallo: artisti della gioielleria che nel profilo ancora grezzo del pregiato oro rosso sanno indovinare la forma di monili unici e irripetibili, che saranno poi la perizia e la precisione delle loro mani a portare alla luce, in un magistrale equilibrio di tecnica e invenzione.
Di questa lunghissima storia umana, sociale, economica e artistica dà conto il Museo del Corallo di Alghero che, all’interno della splendida Villa Costantino, propone un percorso che muove fin dalla preistoria e dalla protostoria, in cui l’uso del corallo è attestato con chiari significati cultuali: il corallo che rimanda al sangue e, con ciò, alla vita stessa.
Si dice anche che scacci il malocchio e che protegga i neonati; di certo, indossare un monile di corallo significa portare con sé una sorta di sublime solidificazione del mare, una dura e vivida concrezione di bellezza, l’esito di una storia pericolosa e avvincente, con uomini che debbono immergersi fino a 120 metri di profondità per cogliere in grotte, strapiombi e fenditure della roccia un contorto ramo scarlatto che cresce al ritmo di un centimetro ogni quindici anni. Ed è proprio questo che esprime il nostro corallo: una bellezza potente e misteriosa, come un dono ancestrale venuto da profondità oscure per posarsi sulla pelle candida di un bambino.