
Hai proprio ragione, caro amico. Prepariamoci anche noi, allora. Come? Per esempio, sforzandoci di fare il punto della situazione. Non proprio bilanci (questo genere di cose lasciamole ai contabili). Semplicemente, un po’ d’ordine. Abbiamo scritto di tante cose in questi anni, adesso converrà raccoglierle e metterle una dietro l’altra. Abbiamo scritto, tanto per cominciare, di cibo. Quali sono, dunque, le quattro cose più buone da mangiare venendo ad Alghero? Eccole qui di seguito:
- Il bogamarì, come non iniziare da lui? Il riccio di mare, una bontà così ben difesa da infidi aculei. Soprattutto tra marzo e aprile li potrete gustare appena pescati, a due passi dal mare stesso da cui sono stati presi, nella loro intensa semplicità o come ingrediente di primi squisiti.
- La paella algherese, a ricordarci i nostri padri spagnoli tradotti qui in Sardegna. Ma tradurre è sempre un po’ tradire e, di conseguenza, al riso si è sostituita la fregola, una tipica pasta sarda di grano duro. E poi, cozze, calamari, gamberoni, pollo, salsiccia, peperoni, piselli, zafferano, il tutto spolverato con della bottarga di muggine. Praticamente, Alghero in tutta la sua suntuosa complessità.
- L’aragosta alla catalana, il lusso massimo della nostra cucina. Un letto di pomodori e cipolla tagliati sottilmente su cui adagiare la nostra aragosta irrorata da una salsa di olio, aceto, limone e pepe nero. Ma il segreto di questo piatto è l’aragosta d’Alghero in sé, ricercata dai migliori ristoranti di Parigi, adorata anche dalla regina Elisabetta. Un altro nobile frutto del nostro mare.
- Terminiamo con la focaccia del Milese: un bar antico ritrovo di pescatori in secca ad un certo punto si inventa un panino che è entrato nella leggenda: un grosso pane, lungo circa 80 centimetri ma basso, farcito con uno strato di fette di pomodoro fresco, uno strato di tonno, pezzi di uova sode, pezzetti di acciughe, uno strato di rucola, uno strato di cipolle tagliate sottili, uno strato di pancetta e, infine, la salsa segreta della signora Maria (benemerita inventrice di quest’opera d’arte). Dovete necessariamente assaggiarla, armandovi di un po’ di pazienza, però: c’è sempre fila al Bar del Milese…