
Abbiamo tutti presente la pubblicità di un noto amaro. Il plot è sempre lo stesso: si è verificato un problema molto grave e anche molto insolito (ad esempio, un’intera orchestra di musicanti, attesi per una festa, sono bloccati su una chiatta alla deriva sul mare); la risoluzione del problema è urgente e complicata; bisogna che intervengano uomini abituati al pericolo, tipi che in rubrica dopo “Miriam” hanno “Morte”. Grazie ai loro nervi d’acciaio, ai loro possenti muscoli e all’impiego di mezzi straordinari (dall’aereo al motoscafo), il problema viene brillantemente risolto: “Sembrava impossibile, ma ce l’abbiamo fatta”. Finalmente possono rilassarsi con un buon amaro (siamo pronti a scommettere che la serata finirà con una gara a chi ha gli addominali più scolpiti).
A pensarci bene, anche ad Alghero sarebbe possibile immaginare storie come queste, in così precario equilibrio su quel filo di rasoio che è la realtà. Nello specifico, pensiamo a un dialogo del genere:
«Oggi il nonno compie novant’anni, ma ho dimenticato di prendere una bottiglia di spumante per festeggiare!».
«Non preoccuparti, cara. Infilo muta e bombole, mi immergo per una trentina di metri e ne recupero una».
«Ecco perché ti ho sposato: perché sai sempre dove pescare la felicità…».
Pensate che sia assurdo? Sì, da un certo punto di vista lo è: è assurdo che un marito abbia tanta voglia di uscire per rimediare alla distrazione di sua moglie. Ma quanto al resto, la scena è perfettamente plausibile. Infatti, la Cantina Santa Maria la Palma di Alghero ha fatto maturare per sette mesi il proprio rinomato spumante Akènta sul fondo del mare, a 30 metri di profondità, nell’area marina protetta di Capo Caccia-Isola Piana.
L’idea non è affatto assurda né bislacca. Bisogna considerare che il mare è la più perfetta della cantine, prova ne sia il ritrovamento sott’acqua di anfore greco-romane contenenti un vino dalle proprietà organolettiche ancora intatte. Si tratta di un equilibrio ideale tra temperatura, pressione e luce, cui si deve aggiungere l’incessante e dolce movimento prodotto dalle correnti di fondo. La temperatura e la pressione costanti unite alla scarsa irradiazione solare favoriscono la maturazione di un vino spumante esente dai problemi legati all’ossidazione e alla riduzione, eccezionalmente fresco e corposo al palato.
Il primo gruppo di 700 bottiglie ha stazionato nella cantina subacquea da maggio a novembre 2014 ed è probabile che, visti gli ottimi risultati ottenuti, l’esperimento continui a ripetersi. Del resto, sarebbe bello, prima o poi, stappare una bottiglia avvolta dal corallo.