
Erano gli stessi che a terra passavano ore alle prese con la riparazione delle tipiche reti di cotone: quelle dita tozze e ruvide si muovevano straordinariamente agili. Erano i pescatori di aragoste di Alghero. Oggi le cose sono molto cambiate: le reti non sono più di cotone ma di nylon, e il numero dei pescatori si è drasticamente ridotto fino a non più di 200. I tempi sono cambiati, vivere di pesca è sempre più difficile, le normative sono sempre più stringenti, i margini sempre più esigui.
Ma, naturalmente, l’aragosta di Alghero non può che continuare a essere se stessa: una primizia dell’intero Mediterraneo. Prima, quando di soldi ne giravano davvero, c’era gente che da Milano veniva appositamente per mangiarne a chili. La Regina Elisabetta la volle per il suo matrimonio. Anche lo Chez Maxim di Parigi la mette non di rado in menù.
In particolare, è l’aragosta alla catalana la ricetta più esclusiva della nostra tradizione culinaria, il perfetto incontro tra questo straordinario dono del nostro mare e la cultura spagnola che ha impregnato fin nel midollo Alghero. Pomodori e cipolla tagliati sottilmente saranno il colorato e balsamico giaciglio su cui l’aragosta sarà delicatamente adagiata, per essere infine irrorata da una salsa di olio, aceto, limone e pepe nero.
Insomma, avrete ormai capito che la nostra aragosta non è semplicemente un crostaceo: è piuttosto la corteggiatissima sovrana delle nostre acque.