
Volete sapere quanto vasto? Diciamo, circa 1.300 km². Questa è infatti la superficie della Barbagia e “Autunno in Barbagia” vi consentirà di setacciarla tutta, palmo a palmo. Sì, è vero, siamo in colpevole ritardo: la manifestazione è iniziata lo scorso 2 settembre e ormai ci troviamo alla metà di ottobre. Va detto, però, che “Autunno in Barbagia” terminerà solo il prossimo 18 dicembre e che, dunque, di strada ce n’è ancora tanta da fare.
Ma cos’è esattamente questo “Autunno in Barbagia”? Cos’è questo spropositato calendario che conta ben 28 appuntamenti principali, ognuno dei quali comporta un programma composto a sua volta da innumerevoli eventi e iniziative? “Autunno in Barbagia” sembrerebbe proprio il leviatano della valorizzazione del territorio, la megattera delle pro loco, ma se è stato anche solo pensabile costruire un’iniziativa così ampia e complessa, ciò è dovuto alla natura paradossale della Barbagia. La sua fortissima identità è infatti riflessa in una miriade di piccoli centri che ce la restituiscono ognuno con varianti e peculiarità sue proprie. Quindi, da un lato, è ben possibile farsi della Barbagia un’idea precisa, perfino unitaria, ma, dall’altro, per potersela fare, bisogna accettare la sfida del dettaglio da raccogliere paesino dopo paesino. Non esistono scorciatoie (anche se esistono innumerevoli sentieri nascosti) e allora dobbiamo proprio ammettere che il programma della manifestazione non poteva essere più breve di così.
“Autunno in Barbagia”, in sostanza, è la Barbagia che si apre per poi richiudersi su di noi, è il mazzo di chiavi che apre le porte dei suoi deliziosi paesini come scrigni di tradizioni, culture, sapori, paesaggi, idee, arte. Prendiamo, ad esempio, lo scorso fine settimana. Dal 15 al 16 ottobre siamo stati ospiti di Orgosolo e gli orgolesi hanno avuto un bel da fare a mostrarci le loro abitudini, le loro case, i loro murales, il loro pane, i loro arrosti, i loro dolci, i loro vini, i loro balli, il loro canto a tenore, i loro organetti, le loro armoniche a bocca, la loro seta. Ma prima di Orgosolo, la stessa cosa hanno fatto quelli di Bitti, di Oliena, di Dorgali, di Sarule, di Austis, di Orani, di Lula, di Tonara, di Gavoi, di Meana Sardo, di Onanì. E dopo Orgosolo, sarà la volta di Belvì, di Sorgono, di Aritzo, di Desulo, di Lollove, di Ovodda, di Mamoiada, di Nuoro, di Tiana, di Olzai, di Atzara, di Ollolai, di Teti, di Gadoni, di Fonni e, infine, di Orune.
Proprio sterminato l’autunno barbaricino: un labirinto in cui trasferire la propria residenza spirituale.