
Lontano da ogni consorzio politico, da ogni negoziazione umana, da ogni diminuzione razionale, si erge la mole striata della Basilica della Santissima Trinità di Saccargia e la prima cosa che vi chiede nell’apparvi, a cominciare dal suo altissimo campanile, è di non parlare, di non trovarle aggettivi, di deporre il linguaggio prima di entrare, come minimo atto di sottomissione al sacro.
Nel comune di Codrongianos, in provincia di Sassari, isolata in una fertile vallata interamente circondata da un tavoliere vulcanico, la Basilica di Saccargia è uno dei più suggestivi esempi di romanico in Sardegna. La policromia delle sue mura esterne dice chiaramente che a lavorarci furono dei maestri pisani tra il 1118 e il 1120, mentre gli affreschi interni, tra i pochi ben conservati di questo periodo sulla nostra isola, sono di scuola umbro-romana. Le buone condizioni di conservazione in cui l’edificio si trova stridono con i vicini ruderi del grande complesso conventuale dei Camaldolesi cui era annessa: come se la distruzione operata dal tempo sulle cose fosse stata in questo luogo assai selettiva e si fosse accanita sul convento per risparmiare la chiesa, così da garantirle un perfetto isolamento, un’ideale distanza dall’umano.
Sull’origine del nome “Saccargia” girano diverse ipotesi, la più suggestiva la riconduce all’espressione “sa baccarza” (vacca dal mantello maculato). Secondo la leggenda, ogni giorno una vacca pezzata veniva da un lontano pascolo appositamente per offrire il proprio latte ai frati camaldolesi. La pia bestia era solita inginocchiarsi, come se pregasse, proprio nel luogo dove sarebbe stata edificata la basilica. Di questa storia, o semplicemente del fatto che la vallata era un luogo di pascolo, può essere indice la vacca scolpita su un capitello del portico antistante il prospetto.
Dalle nostre parti, in questo periodo dell’anno, la luce del giorno può investire le cose come oro fuso. La Basilica di Saccargia, innalzata da queste onde dorate che percuotono l’aria sulle creste più alte della più alta visione, crediamo saprà interamente svuotarvi e compenetrarvi, mostrandovi nei fatti cos’è che i teologi, a proposito della Trinità cui la Basilica è dedicata, intendono con “pericoresi”, vale a dire la danza d’amore con la quale le tre Persone divine dinamicamente si muovono l’una nell’altra, di modo che nell’una non ci sia altro che l’altra.