
Ecco come la descriviamo noi sardi la befana, ossia un po’ come in tutta Europa. Certo, non è una tradizione propriamente isolana, ma ci ha raggiunti dal nord, filtrata magari dalla Spagna. Simbolo di una natura stanca, giunta ormai al termine del proprio ciclo vitale, la vecchia bacucca fa almeno in tempo a lasciare ai bimbi i suoi ultimi doni. È proprio a loro che li lascia, affinché valgano per tutti come la promessa che un giorno la primavera tornerà e allora la decrepita e oscura vecchina rinascerà nelle vesti una giovane feconda e attraente. La Befana è in effetti l’occasione giusta per dirsi che un anno è finito, per bruciare (come in molti posti materialmente si fa) quello che abbiamo di vecchio e rotto, preparandoci così a risorgere dalle nostre stessi ceneri.
Non essendo specificamente sarda, questa festività non può vantare grandi tradizioni nella nostra terra. Tra le non molte, ci sembra particolarmente curiosa quella del cosiddetto “dolce dei tre Re”. La caratteristica è che all’impasto si mescolavano anche un cece, una fava e un fagiolo. Chi nella propria fetta di dolce avesse trovato uno dei tre legumi avrebbe potuto contare su una gran fortuna per l’anno appena iniziato.
Esiste anche una tradizione specifica di Alghero in occasione della Befana. A ciascun bambino veniva data un’arancia, sulla cui buccia il piccolo avrebbe dovuto praticare delle incisioni in modo da ricavare come delle piccole tasche tutt’intorno al frutto. Quindi, con questa arancia tagliuzzata, il bambino cominciava il giro del vicinato, per bussare a ogni porta e chiedere una monetina da infilare in una delle tasche dell’arancia. “Pecunia non olet”. Ad Alghero, invece, almeno il giorno della Befana, le monete mandano un buon odore d’arancia e significano qualcosa di più e di meglio della pura e semplice ricchezza: vogliono piuttosto significare, e augurare, abbondanza e salute.
Foto: La voce di Alghero