
Dal vostro raffinato natante, vestiti con eleganti tenute da caccia alla volpe, sareste appunto andati a caccia, ma non già di volpi, bensì dei più plebei piccioni selvatici che nidificavano sulle falesie del colossale promontorio. Nell’Ottocento era notoriamente facile per l’alta borghesia lasciare segni duraturi nella storia, anche quando si dedicava ad attività ludiche e, francamente, un po’ vane come sparare a dei piccioni selvatici da una barca. Fatto sta che il grande promontorio finì per prendere il nome proprio da cotale squisita attività venatoria, chiamandosi così Capo Caccia.
Oggi i nostri poveri piccioni selvatici sono fortunatamente al sicuro (al contrario della borghesia, che non se la cava più così bene come nell’Ottocento). Capo Caccia, infatti, è diventata un’oasi permanente di protezione faunistica, sicché il suo nome potrebbe ormai benissimo diventare Capo Divieto di Caccia, ma la memoria storica è bene rispettarla e allora noi resteremo al nome che la drammatica vicenda dei piccioni ha assegnato al promontorio.
Di là dalla storia, Capo Caccia è come un iceberg: quanto della sua bellezza emerge dal mare è solo una parte di quella altrettanto sublime e vasta che vi si trova sommersa. Se dall’alto potrete abbracciare con lo sguardo l’intero golfo di Alghero fino alla bianca isola Foradada, al livello del mare potrete trovare ben sette grotte, fra cui la più famosa è quella di Nettuno (di cui abbiamo già parlato in questo blog). Ma la bellezza di Capo Caccia continua anche sotto il livello del mare, dove sei grotte sommerse costituiscono una sorta di intricato paradiso dei subacquei e, fra queste, la Grotta di Nereo è la più vasta grotta sommersa del Mediterraneo.
Insomma, tra sublimi spettacoli sopra e sotto il mare, tra aquile del Bonelli, falchi, gabbiani reali e procellarie, tra falesie vertiginose e rocce che sembrano strappate direttamente dalla Luna, Capo Caccia è il posto in cui l’esperienza riempie finalmente di un significato preciso la parola “immenso”.