
Oggi scenderemo verso sud, verso Oristano. Da qui ci dirigeremo verso Cabras, seguendo le indicazioni per San Giovanni di Sinis, dove prenderemo la strada comunale che, infine, ci porterà direttamente alla nostra meta conclusiva: Tharros.
Dovete mettervi nella prospettiva di percorrere una sorta di serpeggiante spartiacque teso fra mare e tempo. Una lingua di terra, la penisola del Sinis, e, nella sua propaggine meridionale, un sito archeologico: Tharros, appunto. Si tratta delle rovine di un’antica città d’origine fenicio-punica, poi divenuta romana. Straniati dalla vostra epoca, di colpo scaraventati in un’altra remotissima, vi aggirerete tra necropoli, tophet, terme e strade romane stretti tra due fronti marini di un indescrivibile azzurro smeraldino.
Tharros è un’esperienza estetica davvero profonda, qualcosa come un mistero solenne e venerabile. In un luogo simile la vostra collocazione rispetto all’idea di viaggio non potrà che farsi radicale. O vi riterrete definitivamente arrivati, perché la terra da calpestare sarà finita e ogni arcana bellezza la vedrete ricapitolata nei resti archeologici dell’insediamento, oppure all’opposto vi riterrete sul punto di partire per sempre, immaginando da lì in avanti rotte e cammini infiniti, aprendovi a ogni possibile avventura contenuta tra le linee tracciabili su una mappa.
Se è vero che questo insediamento risale ai Fenici, ai cosiddetti “popoli del mare”, Tharros porta impresso nelle proprie stesse fondamenta il volto duplice del viaggio: l’arrivo e la partenza. Come sono commoventi e vertiginose quelle due colonne rimaste erette a pochi metri dal mare! Sono punti interrogativi di marmo, sono inviti a scegliere dove stare: al di qua o al di là?