
Pane: che parola breve! Davvero sorprendente che possa contenere tanti mondi, tanti simboli, tante storie, tanta cultura. Forse è vero che il linguaggio è solo una convenzione, uno strumento funzionale a determinate attività umane, un’invenzione utile che non ha alcuna parentela con l’essere delle cose. Perché, se davvero le parole fossero implicate nelle cose, allora “pane” dovrebbe avere almeno ottanta sillabe. Ma chi saprebbe pronunciarlo? Come potrebbe articolare un suono tanto lungo chi ha fame e chiede da mangiare? “Pane” è facile come “aiuto”: meglio che resti così.
E poi, comunque, noi sappiamo quanto lavoro e quanta arte ci stanno dietro. Talmente lo sappiamo che per le nostre colazioni abbiamo deciso di proporre uno dei pani più buoni e laboriosi di Sardegna: il pane Kentos di Orroli, un paesino del Sarcidano, con una lunghissima tradizione in fatto di grano e pane.
Lo serviremo ai nostri ospiti, anzitutto per ché la sua qualità e il suo gusto non sono meno che sommi, un prodotto che la moda del momento ci imporrebbe di definire “100% biologico”, se non fosse che la stessa Kentos, azienda capace al contempo d’estremo rigore qualitativo e di opportuna autoironia, tiene a ricondurre i termini della questione nella giusta prospettiva storica: “Abbiamo sempre rispettato la terra, i suoi frutti, gli uomini che la abitano. Perciò siamo biologici da sempre, anche se non lo sapevamo. Oggi, con l’orgoglio di chi viene da lontano, ci siamo certificati”.
La stessa divertente ironia che ha dato a questo pane il seguente slogan: “Kentos – Il pane dei centenari”, riferimento all’invidiabile primato posseduto dalla cittadina di Orroli. Che sia davvero questo segreto di tanta longevità? Come quella del lievito madre che Kentos impiega per i suoi prodotti: un organismo vivente tramandato di madre in figlia (sono le donne, infatti, depositarie della magia del pane) da almeno trecento anni. Qualcosa passa direttamente dalla notte dei tempi sulle nostre tavole. Pane: che parola breve!