
Può succedere anche questo nella vita di un uomo, per quanto possa apparire strano e difficile. Pensate che a Cabras (Oristano, Sardegna centro-occidentale) questa cosa del correre scalzi portandosi la statua di un santo si ripete ogni anno nel primo fine settimana di settembre (sabato 2 e domenica 3 settembre): si tratta della Processione di San Salvatore di Sinis, meglio nota come la “Corsa degli Scalzi”.
In sostanza, i cosiddetti Is Curridoris, all’alba di sabato, prelevano il simulacro ligneo di San Salvatore dalla chiesa di Santa Maria di Cabras (dov’è normalmente conservato), e lo portano, correndo scalzi per circa 7 km, fino alla chiesa di San Salvatore nel vicino paese di San Salvatore di Sinis. La domenica successiva riprendono la statua del santo e la riportano, sempre di corsa e sempre scalzi, a Cabras. Il tutto è contornato da una folla di fedeli entusiasti che spronano Is Curridoris, questi devoti atleti, a tener duro per riconsegnare intatto alla città il suo “Santu Srabadori”.
Il fatto stesso che si vada di corsa vi avrà già fatto pensare che Is Curridoris fuggano da qualcosa o che qualcuno di minaccioso stia loro alle costole. In breve, c’è un pericolo e bisogna fare in fretta se si vuole evitare il peggio. In effetti, nel 1619 le cose andarono proprio in questo modo. Era ormai da molto tempo che i Mori facevano incursioni nella nostra isola, portando morte, saccheggi e devastazioni. Quando anche a Cabras giunse la minaccia moresca, gli abitanti, disperando di poter aver salva la vita, pensarono di proteggere almeno la statua del loro santo patrono. Sottratta questa alla furia iconoclasta dei Mori, si sarebbe preservata l’identità del paese e la possibilità stessa di una sua futura rinascita.
Così, alcuni abitanti presero la statua e di corsa la portarono a San Salvatore in Sinis, dove sarebbe stata al sicuro. Ma questi primi eroici Is Curridoris ebbero anche un’altra idea. Al posto delle scarpe indossarono dei rami legati ai piedi nudi, in modo tale che potessero sollevare più polvere possibile e, dunque, apparire assai più numerosi di quanto in effetti fossero. Pare che il trucco funzionò benissimo. I Mori, preoccupati di dover affrontare un grande schieramento armato, preferirono tagliare la corda e Cabras non fu più toccata. I salvatori di Salvatore furono così salvati dallo stesso Salvatore.
Cosa ci insegna la Corsa degli Scalzi, cui peraltro vi invitiamo caldamente ad assistere per il pathos popolare che l’accompagna e per le tante manifestazioni ad essa collegate? Ci insegna che i simboli contano, che per salvare noi stessi dallo smarrimento e dall’oblio dobbiamo anzitutto caricarci sulle spalle ciò in cui la nostra identità maggiormente si rispecchia e risuona, e poi cominciare a correre: correre a perdifiato fino al prossimo paese.