
Si tratta del lago di Baratz, l’unico lago naturale dell’intera Sardegna. Il posto è senz’altro da vedere: circondato da una lussureggiante pineta e da dune di sabbia alte fino a 5 metri, con una flora degna della migliore poesia italiana (palme nane, orchidee, mirto, ginestra), sfiorato da splendide libellule (incantevoli quelle dalla livrea fucsia, snob e trendy come permalose dive di Hollywood), il lago di Baratz è la meta adatta per quanti amino fare passeggiate, gite in mountain-bike e picnic (peraltro, ci sono sette sentieri percorribili a piedi o in bicicletta).
Un bel paesaggio, dunque. Ma non solo. Come dicevamo all’inizio, qui c’è anche del mistero, che avvolge la bellezza del luogo in un’aura ombrosa e tremante, conferendo alle cose una profondità leggendaria carica di tensione. E dove si annida in un lago il mistero? Naturalmente, sotto la sua superficie: il mistero è per definizione sommerso.
Ora, non aspettatevi mostri tipo Nessie di Loch Ness, no, questo no: la cosa più mostruosa che Baratz abbia mai restituito sono bombe della Seconda Guerra Mondiale, scaricate dai tedeschi in fuga e da noi poi pazientemente disinnescate. Piuttosto, si tratta di storie e di leggende, come quella dell’antica città di Barax che si racconta sia sprofondata per effetto di un terremoto, dando così luogo all’attuale bacino del lago. In poche parole, Barax sarebbe l’Atlantide sarda.
Ma c’è anche un’altra storia che riguarda il lago ed è la nostra preferita, forse per la vena di malinconia che l’attraversa o forse perché ci ricorda per certi versi lo splendido mito greco di Orfeo ed Euridice. Ad ogni modo, la storia è questa: tantissimo tempo fa, quando ancora il lago non esisteva, una bella fanciulla passeggiava solitaria per quei luoghi disabitati e selvaggiamente belli. Come tutte le fanciulle di ogni leggenda che si rispetti, anche la nostra era svagata, curiosa e incauta: in altre parole, era nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Che fosse così, forse cominciò a capirlo lei stessa quando, ad un certo punto, le comparve davanti un vecchio, come uscito dal nulla. Malamente vestito, faccia dello stesso aspetto del cuoio, occhi vitrei, il vecchio fissò con durezza la fanciulla e le intimò, puntandole contro un bastone nodoso: “Vattene da qui, tornatene subito a casa e non girarti per nessun motivo, nemmeno una volta! Guai a te, se lo farai!”.
Impaurita, la fanciulla obbedì, si voltò e intraprese la strada del ritorno. Ma noi già sappiamo che la nostra era una ragazza incauta e curiosa e, allora, perché non avrebbe dovuto girarsi? E poi, chi era quel vecchio? Forse, uno spirito del bosco? Un demone? Esisteva davvero o lo aveva solo immaginato? Insomma, non girarsi le era impossibile almeno quanto smettere di respirare. E così, fatti pochi passi, si girò.
Si girò e, meraviglia, del vecchio non c’era più traccia. Ma la scomparsa del vecchio fu in effetti la cosa meno sconcertante, dal momento che, non appena si fu girata, il corpo della fanciulla cominciò a farsi di pietra e, simultaneamente, il posto prese a riempirsi d’acqua. L’acqua crebbe per metri e metri, dilagò ovunque, fino a sommergere ogni cosa. Fu così che ebbe origine l’odierno lago di Baratz, mentre il corpo ormai interamente pietrificato della fanciulla rimase là in fondo, sommerso per sempre dalle acque, in una posa di stupefatto terrore.