
Magari avremo pure insistito troppo, ma per noi algheresi la Pasqua significa moltissimo. Significa anzitutto riscoprire (se mai si fosse persa o indebolita) la nostra identità attraverso l’emozionante celebrazione della “Setmana Santa”. E sapete, quando parliamo di identità, non intendiamo niente di particolarmente settario, mistico o esclusivo, ma semplicemente l’insieme delle ragioni del nostro stare insieme, del condividere, dello starci vicini per costruire e andare incontro al futuro con più ottimismo. Tutto qui, nel senso non riduttivo dell’espressione, bensì nel senso che tutto in effetti sta nel non dimenticarci mai che siamo una “communitas”.
C’è chi fa derivare questa bella parola latina da “cum munus”, che si può tradurre: “con un dono”. Stare in comunità significa avvicinarsi all’altro con un dono, portandogli qualcosa di nostro in modo che diventi suo, in modo che lui diventi anche un po’ noi. Il contrario è presentarsi sempre a mani vuote, tenersi tutto per sé: il destino di quanti vivono all’insegna dell’egoismo e dell’avarizia è fatalmente la solitudine e l’isolamento. Ecco, dunque, la nostra parola d’ordine per questa Pasqua, parola che può essere al tempo stesso sia un verbo che un sostantivo: (io) dono