
Non prendetelo come il sintomo di una natura ostile, stentata e riottosa. È piuttosto il segno di una vita incontenibile che prospera anche sui sassi, esposta al vento più impetuoso, riarsa sotto il sole più spietato, che ama e difende se stessa contro ogni evidenza, anche a costo di munirsi esteriormente di qualche spina. Dal canto proprio, il carciofo spinoso sardo forse sa benissimo di essere buono e di far gola a tanti, ed è per questo che si è provvisto di efficienti spine dal caratteristico color giallo. Non che questo renda impossibile a noi esseri umani mangiarcelo, ma se per sbadataggine dovessimo ogni tanto pungerci nel pulirlo, prendiamo l’incidente solo come una commovente attestazione della strenua voglia di vivere del nostro squisito ortaggio.
Il carciofo spinoso è comunque una delle cose più sarde in cui possiate imbattervi, è una perfetta allegoria di quello scrigno geloso dei propri tesori in cui consiste in ultima analisi la Sardegna stessa. Evitate le spine, tolte le prime foglie più coriacee, si accede alla tenerezza del suo interno, al sapore che è un perfetto equilibrio tra dolce e amaro. Ma poiché di troppe allegorie si può anche morire, diciamo pure a chiare lettere che semplicemente il carciofo spinoso di Sardegna è buonissimo ed è diverso da ogni altro carciofo. Ottimo sia crudo che cotto, conosce infiniti impieghi in cucina: carciofi con bottarga di muggine, carciofi ripieni, carciofi e patate, carciofi fritti, fregola con carciofi, gnocchi sardi con carciofi, spaghetti con carciofi e ricci di mare, agnello con carciofi, seppie con carciofi, carciofi sott’olio ecc. ecc.
A pensarci bene, che invidia ci fa la perfezione del carciofo spinoso! Gli stanno a pennello i versi che la grande poetessa polacca, Wisława Szymborska, dedicò alla cipolla:
La cipolla, d’accordo:
il più bel ventre del mondo.
A propria lode di aureole
da sé si avvolge in tondo.
In noi grasso, nervi, vene,
muchi e secrezioni.
E a noi resta negata
l’idiozia della perfezione.