
Mamuthones e mammut condividono in effetti solo una cosa: un buon numero di vocali e consonanti. Per il resto, sono storie del tutto diverse. Quella che possiamo ricostruire, in base alla recente pubblicazione di un articolo scientifico di Maria Rita Palombo, Marco Zedda e Rita Teresa Melis, è la storia (definiamola pure “triste”) di un mammut morto nel tardo Pleistocene dalle parti di Alghero e di cui non molto tempo fa è stato rinvenuto un frammento di tibia. Considerato il tempo ormai trascorso dal fattaccio, non c’è stato bisogno di elaborare alcun lutto per la povera bestia e si è passati subito all’analisi scientifica del poco che di lei rimaneva. Morale della favola: grazie alla tibia del mammut algherese è stato possibile al gruppo di paleontologi sopra citato confermare l’esistenza in Sardegna del Mammuthus lamarmorai, specie già istituita nel 1883 e, aspetto ancor più interessante, specie tipicamente sarda.
Nella nostra terra le cose prendono sempre una piega particolare: evidentemente, neanche i mammut poterono sottrarsi a questa fatalità. Giunti in qualche modo in Sardegna, subirono un processo evolutivo noto come “nanismo insulare”, per cui certi animali stanziati su isole assumono dimensioni più contenute rispetto a quelle dei propri consimili continentali. In sostanza, i colossali mammut, presa residenza in Sardegna, cominciarono a ridursi di dimensioni fino ad assumere un’altezza di non più di un metro e mezzo, e un peso di circa 700/800 kg. In pratica, dei nanerottoli tarchiati dotati di proboscide e zanne. Con ogni evidenza, dovettero trovarsi bene dalle nostre parti: assenza di predatori e vita notturna di tutto rispetto li convinsero a dotarsi di un corpo più adatto alle ristrettezze di un’isola pacifica e ospitale com’è la nostra.
Certo, se ci affacciamo alla finestra e proviamo a immaginare un mammut nano aggirarsi per le banchine del porto di Alghero, un certo imbarazzo dobbiamo ammettere di provarlo. Imbarazzo per il fatto che noi umani ci sentiamo così centrali e necessari, mentre non siamo che una minuscola particella del cosmo: meno d’un frammento di tibia. E per un attimo ci sembra quasi che il piccolo mammut ci abbia guardati con un velo d’ironica malinconia, prima di tornare a estinguersi e sparire nelle viscere del tempo.