
Chi potrebbe catalogarli tutti? Alcuni consistono in sfumature mai conosciute prima, che appaiono per un istante in virtù di fragili equilibri di circostanze fortuite (inclinazione della luce, vento, umidità, stato del mare, stato d’animo ecc.), casi pressoché impossibili da ricostruire in laboratorio, casi inimmaginabili. Il colore, dunque, è una emanazione diretta di Alghero, una sua proprietà nativa, uno dei modi principali in cui la città si manifesta direttamente nella nostra esperienza.
Ecco perché la cupola della centralissima Chiesa di San Michele è a buon ragione annoverata tra i simboli di Alghero. Il suo rivestimento esterno in splendenti mattonelle policrome dai poderosi motivi geometrici esprime, infatti, l’essenza colorata della nostra città. A progettarne il disegno, intorno alla metà del secolo scorso, furono Antonio Simon Mossa, architetto e poeta d’origini algheresi, e il pittore cagliaritano Filippo Figari.
Sospesi in alto, sopra la città, i motivi intensamente colorati e concentrici della cupola di San Michele traducono in termini geometrici i colori che tutto intorno appaiono e scompaiono in combinazioni irripetibili, in forme fortuite. La cupola di San Michele rappresenta con rigore ciò che qui da noi la natura ad ogni istante improvvisa, facendo aleggiare i colori sopra le cose come profumi. Cos’è una sinestesia, in effetti? È una figura retorica in cui due parole fondono piani sensoriali diversi, come, appunto, un profumo colorato o un colore profumato.
Alghero, per molti versi, è una città sinestetica.