Statua di nostra signora di Bonaria

Trolley

La statua di Nostra Signora di Bonaria: storia di una cassa indomita

Ciò che un’isola possiede, a cominciare dai propri confini, a cominciare cioè dalla propria forma, glielo dà il mare.

È da lì che giocoforza viene all’isola il mondo di fuori, così che poi diventa parte del mondo di dentro. Non di rado un naufragio può essere, invece che la fine, l’inizio di una nuova storia, la scoperta della propria vera casa, a condizione che nei pressi ci sia almeno un’isola cui aggrapparsi. Un esempio perfetto di questa dinamica basata su correnti favorevoli e sbarchi di fortuna è rappresentata dalla statua di Nostra Signora di Bonaria, titolo con cui la Chiesa venera la Madonna raffigurata nella statua lignea custodita nell’omonimo santuario di Cagliari. Per farvi capaci dell’importanza dell’argomento, vi basti pensare che la Madonna di Bonaria è la patrona massima della Sardegna, nonché protettrice dei naviganti. La sua singolare storia ne spiega a sufficienza il motivo.


Pare che il 25 marzo del 1370 una nave, diretta dalla Catalogna verso l’Italia, ebbe la sventura di capitare nel bel mezzo di una violenta e improvvisa tempesta. Visto che le cose si stavano mettendo al peggio, pur di non diventare cibo per i pesci, il capitano ordinò di gettare in mare tutto il carico della nave: davanti alla morte il materialismo è il primo difetto che perdiamo. L’ultimo oggetto a essere gettato fuori fu una grande e pesante cassa di cui i marinai ignoravano il contenuto. Qualunque cosa contenesse, fatto sta che appena toccò la superficie del mare, la tempesta subito cessò. Che ci fosse un rapporto di causa ed effetto tra quella cassa e la tempesta è cosa che i marinai, notoriamente poco inclini a far questioni di metafisica, trascurarono d’indagare, quando esultarono per lo scampato pericolo chi con preghiere e chi con sonore bestemmie.


La misteriosa cassa, ormai fattasi nave a se stessa, intraprese un suo proprio viaggio, quello che con ogni evidenza aveva desiderato d’intraprendere, con una rotta divergente rispetto ai progetti dell’armatore e del committente. Non è raro, in effetti, imbattersi in casse ostinatamente ribelli al destino che altri avevano immaginato per loro: le aste giudiziarie, per fare solo un esempio, ne sono piene. Ad ogni modo, il viaggio solitario della nostra cassa si concluse sulla spiaggia sotto il colle di Bonaria, nei pressi di Cagliari. Riuscite a immaginare qualcosa di più curioso e attraente di una cassa ancora chiusa portata dal mare su una spiaggia? Noi no. Capiamo perfettamente, quindi, le attenzioni che subito i cagliaritani rivolsero all’oggetto, attenzioni che divennero smodate e febbrili, quando ci si accorse che nessuno era in grado né di aprire né di sollevare la nostra ben strana cassa.


Davanti allo strano fenomeno, nel dubbio che profumasse di miracolo o che puzzasse di zolfo, i cittadini si rivolsero ai frati mercedari che vivevano, pregavano e profetizzavano proprio nel convento sul colle di Bonaria. Scesi dal loro luogo sacro, nello stupore generale i frati non ebbero alcun problema a sollevare la cassa, segno che la forza di cui c’era bisogno per riuscire nell’impresa era quella della fede, non già quella delle braccia. Con il loro carico, seguiti da una processione di curiosi, si avviarono al convento, dove procedettero all’apertura che pure non riservò loro particolari problemi. Quando così iniziò ad apparire ai loro occhi il contenuto della cassa, molti dei misteri e delle stranezze, che fin dal principio si erano addensati intorno a quell’oggetto venuto dal mare, andarono rapidamente chiarendosi. Una grande statua di legno, ecco cosa nascondeva la cassa. Una statua di legno raffigurante la Madonna con il Bambino. Figuratevi la commozione dei frati e del popolo davanti a ciò che veniva scoprendosi ai loro occhi, a mano a mano che gli assi di legno venivano tirati via. Commozione che divenne stupore adorante, quando infine si accorsero che la Madonna teneva nella mano destra una candela, e che questa candela, meraviglie delle meraviglie, era accesa!


Ecco, forse adesso vi sarà più chiaro perché un isolano, fosse pure per un attimo, esplora sempre con lo sguardo la sua riva: è in cerca dei segni di un qualche mirabolante naufragio di Dio sulla sua terra.

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