
Un’isola ci bada in modo particolare a certe cose. Alla base, si tratta del verso in cui pensare la propria insularità: è isolamento o apertura? È estrema chiusura o estrema accessibilità per mare e per cielo? Intendiamoci, non vogliamo demonizzare chi intendesse l’isola come fuga dal mondo, come rifugio e microcosmo. C’è, in effetti, anche un modo di considerare la questione in questi termini che ha un proprio senso e un proprio fascino. Mettere una certa distanza tra sé e un mondo senza ormai più distanze, un mondo sempre più connesso, soffocante e invadente può essere da ogni punto di vista una buona pratica.
Tuttavia, a noi piace pensare che un rifugio sia davvero tale quando la via per arrivarci sia sempre reversibile e facilmente percorribile nei due sensi: sia in entrata che in uscita. Diversamente, il rifugio può trasformarsi in gabbia, anzitutto mentale, e sappiamo purtroppo quante ce ne siano in giro e quanto ci abbiano negativamente condizionati nel corso degli anni. Così, questa dei 26 mila passeggeri, se confermata, ci sembra comunque un’ottima notizia. L’incremento dipende soprattutto dall’apertura delle nuove rotte da e per Barcellona (Vueling), Berlino e Londra (Easyjet), Madrid (Volotea), Maastricht ed Amsterdam (Corendon). Con ciò i collegamenti internazionali sono passati dai 50 del 2017 agli attuali 64, così che la crescita di passeggeri internazionali è stimato intorno al 23%. Sono in aumento anche le compagnie aeree che fanno scalo nel nostro aeroporto, come Vueling e Corendon.
Un’isola poi in fondo è esattamente questo: l’ombelico di una rete insolubile di transiti, passaggi, permanenze, fughe, ritorni, cammini, stasi, smarrimenti, ritrovamenti, rotte e dirottamenti. È una soglia marina, stando sulla quale il dentro e il fuori si ribaltano di continuo l’uno nell’altro e allora semplicemente si sta: si sta senza posizione rispetto al mondo intero.