
Se mai ci fosse una rosa da salvare, chi non si sentirebbe chiamato in causa? Chi non si chiederebbe cosa poter fare per metterla in salvo? Cosa? La rosa? Non la rosa, ma anzitutto la bellezza di cui ogni rosa è come un delicato scrigno. È questo il senso del titolo di questo film, opera prima del nostro concittadino Cesare Furesi, film che ha Alghero stessa come scenario o, forse meglio, come protagonista accanto ad attori del calibro di Carlo Delle Piane e Lando Buzzanca.
Delle Piane nelle vesti dell’avvocato Giulio Santelia vi dice nulla? Ma certo, è l’indimenticabile giocatore di poker di Regalo di Natale di Pupi Avati. Ebbene, lo ritroviamo anche in questo di film di Furesi, solo che qui ne vediamo l’altro lato, quello alternativo al giocatore cinico e infallibile: il lato umano, il lato delle rose. L’avvocato Santelia ha infatti un amore e questo amore è un uomo, Claudio, interpretato da Lando Buzzanca. Il fatto è che Claudio è costretto a letto da molti anni per via di una “bizzarra malattia”, come lui stesso la definisce. Giulio se ne prende cura, da solo: le rose hanno bisogno di attenzioni continue. Ed è appunto una rosa il regalo che l’avvocato porta al suo compagno immancabilmente ogni giorno. Allo stesso modo, Giulio cerca di mettere in salvo Claudio da una verità opprimente, cioè che i soldi sono finiti, che tutto nella loro splendida villa è stato pignorato e portato via dall’ufficiale giudiziario. Si arriva ad un punto, però, in cui non è più possibile farcela da soli e allora l’intervento della figlia di Giulio, Valeria (Caterina Murino), e del figlio di questa, Marco (Antonio Careddu), si rivelerà indispensabile per poter sperare di salvare le rose.
Ecco, se volete tornare ad Alghero senza muovervi dalla vostra città, andate a vedere questo film, che vi conquisterà per la dolcezza di questo amore senile ma anche, appunto, per lo splendore che la nostra città irradia attraverso una fotografia che ne ha saputo cogliere ed esprimere la pastosa intensità coloristica. Ve lo assicuriamo, andateci, ne vale proprio la pena, almeno per capire che ci sono sempre delle rose da mettere in salvo, come anche Dino Campana amaramente apprese dalla propria difficile storia:
“Sono sfiorite le rose
I petali caduti
Perché io non potevo dimenticare le rose
Le cercavamo insieme
Abbiamo trovato delle rose
Erano le sue rose erano le mie rose
Questo viaggio chiamavamo amore
Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose
Che brillavano un momento al sole del mattino
Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
Le rose che non erano le nostre rose
Le mie rose le sue rose
P.S. E così dimenticammo le rose.”