
Vogliamo dire “innamorati” fino al punto di commuoversi quando lo si avvista veleggiare in cielo come appeso a una volta di cristallo? La risposta è decisamente sì. Noi adoriamo i nostri grifoni (che, a ben intenderci, sono avvoltoi). Quando quest’imponente Accipitride si era estinto ovunque in Italia, qui in Sardegna, e solo qui, resisteva, come una speranza ostinata e marginale. Attualmente, le coppie censite sono circa una decina, e tutte hanno casa nelle zone più impervie tra Capo Caccia e Capo Marargiu, nel Parco di Ponte Conte.
Sì, non c’è dubbio: amiamo i grifoni, e certo ci sentiamo anche in colpa per quanto di male i nostri simili hanno fatto a questi magnifici rapaci. Allora, senza riserve, tifiamo per loro, per quel solo uovo che ogni coppia cova, affinché vada tutto per il verso giusto e alla fine si schiuda. Intendiamoci, però, il grifone non è per noi tanto il simbolo di un desiderio di conservazione (il desiderio cioè che questa specie non si estingua), quanto piuttosto l’espressione di un positivo desiderio di vita (cioè che continui a vivere e a dominare i nostri cieli). Potrà forse sembrarvi una sottigliezza, invece si tratta di un punto di vista sull’esistenza radicalmente diverso.
Il grifone non è anzitutto una rarità fonte d’ansia, una triste bandiera, è bensì una realtà maestosa e regale, una realtà, per intenderci, con quasi tre metri d’apertura alare, capace d’innalzarsi fino a 6000 metri di quota cavalcando possenti correnti ascensionali. Quando si sperimenta tanta grandezza, vi assicuriamo che in nessun caso è possibile sentirsi così sicuri di chi stia proteggendo chi. Davanti ai nostri grifoni ci sentiamo sempre un po’ piccoli, sempre un po’ indifesi, bisognosi noi di conservazione, bisognosi che la loro sopravvivenza ci confermi di meritarci ancora questo mondo.
(foto: sardiniapost.it)