
L’orgoglio? L’esaltazione? La gioia sfrenata? Difficile mantenere il tono calmo ed equilibrato che contraddistingue il nostro blog davanti all’epopea sportiva della Dinamo Sassari, difficile resistere alla tentazione di scendere di nuovo in Piazza d’Italia a Sassari e festeggiare insieme ad altre 10.000 persone i nostri #GigantiAlCubo, com’è successo lo scorso 27 giugno, all’indomani dello Scudetto.
Il punto è che vincere piace a tutti, ma a noi sardi, specie se della provincia di Sassari, la vittoria dei tre maggiori titoli italiani di pallacanestro nella stessa stagione suona come qualcosa di sottilmente diverso, e questo qualcosa crediamo sia dovuto principalmente alla nostra isolanità, al nostro essere fisicamente staccati dal resto d’Italia e del continente. Per noi queste vittorie non sono soltanto una prova di forza, un’affermazione su tutti gli altri, ma soprattutto una sorta di riconoscimento d’appartenenza: siamo i più forti d’Italia, è vero, lo abbiamo gridato fino a perdere la voce, ma nel dirlo sentiamo in misura forse maggiore, e comunque più toccante, il nostro essere d’Italia che non il nostro essere i più forti.
In ogni caso, bisogna riconoscere che la storia della Dinamo Sassari è percorsa come da un’energia speciale, da una forma di destino luminoso. A fondarla il 23 aprile del 1960 furono gli studenti del Liceo Classico “Azuni” e di altre scuole locali. Allora, era solo una piccola squadra di ragazzi che vivevano lo sport con allegria e impegno, nutrendo in sé, com’è normale che sia a quell’età, grandiosi e strampalati sogni di vittorie. Eppure, è come se la Dinamo avesse mantenuto nel tempo quel suo nucleo storico originario, quella sua sostanza romantica da doposcuola, anche quando negli anni successivi rapidamente scalò le varie serie, approdando infine nel 2010-2011 alla Serie A.
Come ci siamo sentiti, quindi, noi sardi lo scorso 26 giugno, quando gli uomini di Meo Sacchetti sono stati la prima formazione cestistica di Sardegna a conquistare il Tricolore? Ci siamo sentiti giovani e leggeri, alti e forti, la più forte tra la squadre italiane e, dunque, fieramente italiani. Proprio come quei liceali che nel ‘60 diedero vita alla squadra con cui coltivare sogni e sfogare energia, anche noi abbiamo pensato che il tempo fosse ancora tutto dalla nostra parte e si stendesse intatto ai nostri piedi, disponibile a ogni progetto, ubbidiente a ogni desiderio.