
Alghero è una città di venti, o per meglio dire è una città simile al vento per via della sua apertura, della sua fiduciosa esposizione al mondo. Ma se ci chiedete quale dei venti caratterizzi più Alghero, la risposta non potrà che essere il maestrale.
Vento che cala da Nord e poi, scavalcando i Pirenei, si incanala nella valle del Rodano, dove si accelera e si inalbera scivolando sui ripidi versanti sottovento. Esce in mare furioso e assetato di spazi in cui distendersi come una valanga invisibile, come un torrente di pura energia. Corre sul mare, lo inonda, lo strattona, se lo porta con sé, lo solleva, lo infuria. Maestrale e mare si alleano e raggiungono la Sardegna per conquistarla alla causa delle tempeste e delle tormente.
Ecco i giorni di maestrale, accompagnati dal suono di caverna del mare rabbioso, dalla sabbia che si solleva e ti raggiunge come fossi tu ora la sua spiaggia, le ridde di foglie, i rumori sinistri degli ormeggi al porto. C’è qualcosa di selvaggio, di inattingibile e di sublime in questo spettacolo che trasfigura Alghero in una forma violenta di natura. Ma poi c’è la pace di quando il vento finalmente si placa e si spegne: una pace più vera del vero, tutto un uscire di persone e di barche salve alla vita.