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Franca Masu: il canto delle viscere

C’è qualcosa di radicalmente femminile nella canto di Franca Masu, ossia qualcosa di accogliente, sotterraneo e viscerale.

C’è qualcosa di radicalmente femminile nella canto di Franca Masu, ossia qualcosa di accogliente, sotterraneo e viscerale. Questa donna così profondamente algherese, cantando, non sembra produrre note, piuttosto sembra metterle al mondo, dopo averle sensualmente concepite incrociando terra, mare e storie di gente. La sua arte riposa sull’accettazione, dolente ma vitale, del fatto che le cose, tutte le cose, passano. Ma se, passando, sembrano con ciò perdersi e perderci, la musica rivela che in realtà spariscono al nostro sguardo esteriore soltanto perché scendono dentro di noi e, depositandosi in fondo, in basso, diventano parte del nostro stesso fondamento. La voce di Franca è un’archeologia esistenziale, è una speleologia dello spirito: parte da ottave basse, dal profondo dove va a pescare i coralli in cui i vissuti si sono magnificamente rappresi, e poi risale altissima con il suo prezioso carico per restituirlo, in cima alla scala, al vento, alla luce, al sole, alla calda fluidità avvolgente delle cose vive.
Fra queste, c’è anche l’algherese, con cui non solo si può parlare, ma anche cantare: ecco la più grande intuizione di Franca. Se quelle parlate sono lingue vive, quelle cantate sono lingue vivificanti, lingue cioè che non solo ricevono vita da chi le usa ma che, dopo averla ricevuta, la restituiscono anche, moltiplicata. Franca ha compreso che usare l’algherese nel canto non era semplicemente un modo per tener viva questa lingua, ma anche per darci vita attraverso di essa. In pratica, potevamo aspettarci ancora delle cose dai suoi suoni, dalle sue possibilità ritmiche, potevamo ancora attingervi risorse utili a dare una forma poetica efficace alla nostra sostanza emotiva, sempre in cerca di una voce con cui dirsi e trasmettersi agli altri.
La ricerca di Franca, iniziata nel 1998 e concretizzatasi nel 2000 con l’uscita dell’album El meu viatge, si è dipanata fino ad oggi come una corrente che rimbalza da una sponda all’altra del Mediterraneo, approdando anche in Portogallo con la tradizione del fado e da lì imbarcandosi per le Americhe fino a sbarcare fra tangheri argentini torbidamente sensuali. Tanto viaggiare artistico le è possibile senza mai smarrirsi proprio per via della sua visceralità identitaria, della sua tipica capacità di sprofondarsi nell’immenso patrimonio espressivo e sonoro di una lingua viscerale come l’algherese. Si tratta della sua, della nostra, appartenenza a quest’isola, la Sardegna: un’arca di pietra in viaggio per il mondo.

L’algherese, la lingua delle viscere: è questa la lingua in cui Franca Masu canta. Viscerale è il suo canto, che partorisce dalla terra, dal mare, dalla storia della gente.

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